Eccole! Le imprese nate con noi. Oggi incontriamo L’ABITO CHE VORREI
I sogni, il lavoro, i progetti ed il confronto con la realtà: le storie di alcune delle imprese nate con il Vivaio
Siamo andate ad incontrare le imprenditrici e gli imprenditori che in questi anni, con noi, hanno dato vita ai loro sogni, alle loro idee, per farne progetti imprenditoriali.
Vogliamo sapere di loro, raccontare la loro storia, perché è anche la nostra storia e la storia di tante persone che, come loro, hanno provato a trasformare un sogno in un progetto.
L’abito che vorrei di Giuliana Beccattini
A Giuliana, fiorentina DOC, la passione del fare con le mani viene dall’infanzia felice in una famiglia dove la manualità è un valore: una passione avuta in dono col patrimonio genetico e sempre coltivata con gioia. Giochi di bambina tra rocchetti di filo, ritagli di tessuto, forbici e aghi , macchine da cucire.
Giuliana crescendo ha aspirazioni artistiche vorrebbe seguire studi che corrispondono a questa sua inclinazione, ma la sua famiglia decide altrimenti e lei così si iscrive ad un tecnico commerciale, ottiene il diploma e per 22 anni è impiegata in aziende, che le chiedono di occuparsi di molte cose, dalle fiere ai rapporti con i clienti, al commercio estero.
L’ultima tappa una multinazionale americana del settore dell’alta moda che ha una filiale in Italia. Azienda solidissima, sul mercato dagli anni ’30, che offre servizi a 360 gradi: servizi per buyers prevalentemente, ma non solo, del settore alta moda, ricerca fornitori, spedizioni. Giuliana segue le pubbliche relazioni dell’azienda, e si occupa di ogni aspetto organizzativo, di ogni particolare dalla ricerca degli hotel, alla gestione dei budget di spesa.
Poi nel 2008, imprevedibile arriva la crisi: un fulmine che investe la filiale italiana: dall’oggi al domani, Giuliana è senza lavoro e senza nessuna prospettiva.
Ci mette poco a capire che quello che le offre il mercato non ha nulla a che fare con la sua posizione precedente. Solo contratti a termine per posizioni e compensi non confrontabili.
Un passaggio di frustrazione e stress da cui la solleva un po’ il dedicarsi nei momenti liberi dalla famiglia e dalla ricerca del lavoro, al suo hobby preferito, cucire: Giuliana incomincia a confezionare per sé, poi per le amiche, piccoli abiti che disegna lei, particolari e curatissimi.
Delusione dopo delusione in lei matura l’idea che l’unica soluzione possibile è la strada del lavoro in proprio. Le amiche vorrebbero i suoi vestiti … Perché non trasformare l’hobby in business?
Inizia così una delle svolte più importanti della sua vita professionale, svolta a cui mai avrebbe pensato se la crisi non l’avesse privata del suo precedente lavoro.
Ma la riflessione di Giuliana, la sua nuova scelta professionale non sono solo il risultato di una cattiva congiuntura e di una antica passione. Giuliana ragiona da imprenditrice, si guarda attorno, mette a frutto le sue conoscenze del mercato e capisce che la sua idea di impresa “artigianale” a 360 gradi è il futuro del settore abbigliamento di livello medio alto: creare capi di vestiario particolari, unici, curati nei dettagli e rifiniti a mano punto dopo punto. La differenza del capo unico rispetto ad un’offerta di mercato troppo standardizzata anche per un target medio alto, significa portare contemporaneità in un settore “antico” e percepito come tradizionale.
La sua personale ricerca di mercato conferma la sua intuizione e lei decide così di partire: “ideare e confezionare abiti confezionati a mano, in esemplare unico e su misura, ma non solo abiti per le occasioni straordinarie, ma anche per i giorni ‘normali’. Abiti adatti alle nuove abitudini che ci vedono uscire la mattina per andare a lavorare e concludere la giornata magari con un aperitivo con gli amici. Se l’abito è speciale, di qualità, basta un accessorio per trasformarlo.”
Questa è l’intuizione da cui parte Giuliana: capi unici e flessibili, adattabili, originali nel taglio, perfetti nelle rifiniture a mano, linee essenziali personalizzabili. Capi con un’anima, destinati a durare nel tempo a corrispondere al gusto e alla personalità di ogni cliente.
Così in un giorno di giugno dell’anno 2010, in un articolo sulla rivista Elle, in cui si parlava di imprese al femminile, Giuliana scopre l’esistenza del Vivaio di Imprese, un trafiletto breve e senza troppe informazioni: cerca, telefona, ottiene subito un appuntamento. “Sembrava una chiamata del destino: era quello di cui in quel preciso momento avevo bisogno.”
Il Vivaio la accompagna nei passi concreti per la realizzazione della sua idea, dalla richiesta dei voucher allora disponibili per una formazione adeguata, alla stesura di un business plan, ai pareri dei consulenti.
” Ho individuato il mio personale ‘stile’, poi mi sono messa per strada e ho incominciato a cercare un luogo fisico dove produrre e vendere i miei abiti: chi cerca questo genere di prodotto ha bisogno di incontrare, guardare negli occhi il produttore), “.
L’atelier de L’abito che vorrei si apre su via Romana, nell’ultimo tratto, verso Piazza Pitti, vicino all’ingresso di Boboli, zona molto frequentata dagli stranieri: “Sono soprattutto americani i clienti abituali, ma vendo abiti a clienti di tutto il mondo, che cercano qualcosa di non omologabile, e così per loro io creo qualcosa che diventa anche immagine dell’Italia.”
È interessante la scelta del luogo: un quartiere fiorentino di antica tradizione artigianale, che qualche anno fa sembrava destinato a perdere il suo carattere, la sua particolarità e che invece ora si anima nuovamente intorno al suo patrimonio artigianale, grazie all’impegno, alla tenacia e all’iniziativa di giovani artigiani e artisti emergenti, che lo hanno scelto deliberatamente.
Qui ha trovato casa la piccola grande impresa di Giuliana, la sua scommessa contro la crisi, la sua vocazione a mantenere in vita il gusto della qualità e il valore dell’oggetto artigianale e unico.
L’impresa L’abito che vorrei è ancora nella sua fase di avvio, “impegno moltissimo, lavoro senza tregua, fatica fisica e psicologica, ma ripagata in pieno dallo sguardo felice di un donna che esce dal mio atelier, appagata perché si piace nell’abito che indossa.”
“La mia impresa ha richiesto coraggio, costanza, determinazione, molta organizzazione e autodisciplina, ma questo lavoro mi appaga, mi calma, mi completa. Io coi miei abiti dialogo”
Testo e foto di Giulia Cerrone – Vivaio per l’Intraprendenza
Lascia un Commento
Vuoi unirti alla discussione?Sentiti libero di contribuire!