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Eccole! Le imprese nate con noi. Oggi incontriamo TRE MANI DESIGN

I sogni, il lavoro, i progetti ed il confronto con la realtà: le storie di alcune delle imprese nate con il Vivaio

Siamo andate ad incontrare le imprenditrici e gli imprenditori che in questi anni, con noi,  hanno dato vita ai loro sogni, alle loro idee, per farne progetti imprenditoriali.
Vogliamo sapere di loro, raccontare la loro storia, perché è anche la nostra storia e la storia di tante persone che,  come loro, hanno provato a trasformare un sogno in un progetto.

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TRE MANI DESIGN
Florence fine craftsmanship

Incontro Filippo Amidei a Siena nello show-room di Bienvivre, in via delle Terme a Siena dove la produzione di TRE MANI DESIGN è esposta in uno spazio caratterizzato dalla cura ricercatissima di materiali e nuove forme per gli interni.

Filippo insieme a Enrico ­­­­Remori e Stefania Bracci sono i creatori del marchio TRE MANI DESIGN, che si caratterizza per una ricerca appassionata di materiali antichi, malte a base di grassello di calce e coccio pesto, e forme contemporanee per creare e arredare ambienti abitativi.
Filippo è un architetto, un progettista, Enrico e Stefania sono artigiani restauratori, rispettivamente di opere murarie, legni e pitture. Si sono conosciuti in cantiere, lavorando alle stesse opere, ciascuno con la propria professionalità. Hanno così scoperto di condividere le stesse passioni: l’amore per i materiali, per il lavoro umano che li trasforma, per le forme che permettono agli oggetti di accompagnare la nostra quotidiana esistenza con il dono della bellezza.
Dalla istintiva simpatia, dalla scoperta di condividere questa passione, all’idea di trasformare questo incontro fortunato in sinergia il passo è stato breve: unirsi, condividere un progetto, creare insieme nuovi prodotti da proporre al mercatoIn questo progetto ciascuno porta, oltre alla passione per materie, forme e bellezza, una professionalità più che decennale, una cultura solidissima, una conoscenza profonda del mestiere e dei suoi strumenti, perseguita in anni di ricerca.
“Da sempre, mi racconta Filippo, mi sono sentito attratto dalla materia e dalla capacità dell’uomo di trasformarla, mi affascina la traccia che la mano umana lascia sui materiali con cui sono costruiti gli oggetti. La vita poi mi ha condotto su altre strade e mi sono occupato di progettazione, attività molto più astratta. Questo fascino però mi è rimasto dentro e incontrare Enrico e Stefania è stato come ritrovare una passione antica. TRE MANI DESIGN è la mia occasione di tornare a coltivare il piacere di lavorare la materia, di sporcarmi le mani nel modellarla.”

Filippo, Enrico e Stefania decidono di intraprendere i primi passi per la trasformazione in una vera impresa: “Eravamo due artigiani ed un professionista, nessuno di noi aveva esperienza di impresa, generare un’idea è un conto, concretizzarla è tutta un’altra cosa e non basta certo la passione”.

È a questo punto che TRE MANI DESIGN, incontra il Vivaio per l’Intraprendenza e attraverso questo incontro il progetto comincia a prendere corpo, questo piccolo gruppo informale a divenire impresa.
“Quello che ho apprezzato subito delle consulenti del Vivaio è stata la concretezza: lavorare con loro ci ha permesso di acquisire gli strumenti fondamentali per organizzare e avviare questo processo di trasformazione in impresa. Il Vivaio ci ha supportato con disponibilità e competenza fino alla compilazione di un ineccepibile business plan.”
Così TRE MANI DESIGN realizza uno alla volta i passi necessari: “Abbiamo sviluppato i nostri prodotti, il mercato a cui ci rivolgiamo, abbiamo creato il nostro marchio e un sito web. E il Vivaio ha dato a me le risorse per guidare, condurre, orientare l’azione del nostro piccolo gruppo.”

“Abbiamo ancora un tratto di strada da percorrere. Ognuno di noi attualmente sta continuando la propria attività professionale che non può certo abbandonare, ma ora il salto da rete informale ad impresa, è necessario: i nostri prodotti in questi mesi hanno ricevuto in ogni occasione degli  ottimi feedback, in Turchia, in India, nella stessa Cina: il prodotto c’è ed è riconosciuto come valido, gli è riconosciuta la qualità dell’eccellenza, ora dobbiamo passare dai complimenti agli ordinativi.”
“Un altro vantaggio che il Vivaio ci ha offerto è stata l’occasione di conoscere altre imprese nascenti come la nostra, di condividere fatiche ed ansie del percorso, di sperimentare i vantaggi, la forza e la ricchezza del network, la possibilità di sperimentare il contatto diretto con mercati e situazioni internazionali: Shangai, pochi mesi fa e prossimamente Londra.”
“Con queste esperienze il Vivaio mi ha spalancato nuovi orizzonti, mi ha permesso di sperimentare contesti in cui curiosità, apertura, passioni condivise sono un valore aggiunto che può fare la differenza. Questa apertura e condivisione, la valorizzazione delle diversità di ciascuno è una capacità che stiamo trasferendo all’interno del nostro piccolo gruppo, perché ne sia una caratteristica fondamentale: lavorare in sinergia, lasciarsi trasformare ciascuno dallo scambio con gli altri.”

Di una cosa Filippo si dichiara particolarmente soddisfatto: tutto quello che il gruppo ha elaborato, scelta dei materiali, lavorazioni, prodotti, si caratterizza per una forte coerenza: la cura nello studio dei materiali, la ricerca di forme contemporanee e nello stesso tempo arcaiche, pulite, essenziali, che permettono di valorizzarli, la centralità dell’intervento della mano umana e della sua antica sapienza. “In questa coerenza sta la nostra forza”
Questa forza è tangibile non solo nelle parole di Filippo, ma nel suo sguardo, nel sorriso in fondo agli occhi, mentre in mezzo agli oggetti creati, mi parla della “storia” di TRE MANI DESIGN, di una avventura da poco iniziata e già proiettata verso il suo successo

Testo e foto di Giulia Cerrone – Vivaio per l’Intraprendenza

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Eccole! Le imprese nate con noi. Oggi incontriamo L’ABITO CHE VORREI

I sogni, il lavoro, i progetti ed il confronto con la realtà: le storie di alcune delle imprese nate con il Vivaio

Siamo andate ad incontrare le imprenditrici e gli imprenditori che in questi anni, con noi,  hanno dato vita ai loro sogni, alle loro idee, per farne progetti imprenditoriali.
Vogliamo sapere di loro, raccontare la loro storia, perché è anche la nostra storia e la storia di tante persone che,  come loro, hanno provato a trasformare un sogno in un progetto.

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L’abito che vorrei di Giuliana Beccattini 

A Giuliana, fiorentina DOC, la passione del fare con le mani viene dall’infanzia felice in una famiglia dove la manualità è un valore: una passione avuta in dono col patrimonio genetico e sempre coltivata con gioia. Giochi di bambina tra rocchetti di filo, ritagli di tessuto, forbici e aghi , macchine da cucire.
Giuliana crescendo ha aspirazioni artistiche vorrebbe seguire studi che corrispondono a questa sua inclinazione, ma la sua famiglia decide altrimenti e lei così si iscrive ad un tecnico commerciale, ottiene il diploma e per 22 anni è impiegata in aziende, che le chiedono di occuparsi di molte cose, dalle fiere ai rapporti con i clienti, al commercio estero.
L’ultima tappa una multinazionale americana del settore dell’alta moda che ha una filiale in Italia. Azienda solidissima, sul mercato dagli anni ’30, che offre servizi a 360 gradi: servizi per buyers prevalentemente, ma non solo, del settore alta moda, ricerca fornitori, spedizioni. Giuliana segue le pubbliche relazioni dell’azienda, e si occupa di ogni aspetto organizzativo, di ogni particolare dalla ricerca degli hotel, alla gestione dei budget di spesa.

Poi nel 2008, imprevedibile arriva la crisi: un fulmine che investe la filiale italiana: dall’oggi al domani, Giuliana è senza lavoro e senza nessuna prospettiva.
Ci mette poco a capire che quello che le offre il mercato non ha nulla a che fare con la sua posizione precedente. Solo contratti a termine per posizioni e compensi non confrontabili.
Un passaggio di frustrazione e stress da cui la solleva un po’ il dedicarsi nei momenti liberi dalla famiglia e dalla ricerca del lavoro, al suo hobby preferito, cucire: Giuliana incomincia a confezionare per sé, poi per le amiche, piccoli abiti che disegna lei, particolari e curatissimi.

Delusione dopo delusione in lei matura l’idea che l’unica soluzione possibile è la strada del lavoro in proprio. Le amiche vorrebbero i suoi vestiti … Perché non trasformare l’hobby in business?
Inizia così una delle svolte più importanti della sua vita professionale, svolta a cui mai avrebbe pensato se la crisi non l’avesse privata del suo precedente lavoro.

Ma la riflessione di Giuliana, la sua nuova scelta professionale non sono solo il risultato di una cattiva congiuntura e di una antica passione. Giuliana ragiona da imprenditrice, si guarda attorno, mette a frutto le sue conoscenze del mercato e capisce che la sua idea di impresa “artigianale” a 360 gradi è il futuro del settore abbigliamento di livello medio alto: creare capi di vestiario particolari, unici, curati nei dettagli e rifiniti a mano punto dopo punto. La differenza del capo unico rispetto ad un’offerta di mercato troppo standardizzata anche per un target medio alto, significa portare contemporaneità in un settore “antico” e percepito come tradizionale.
La sua personale ricerca di mercato conferma la sua intuizione e lei decide così di partire: “ideare e confezionare abiti confezionati a mano, in esemplare unico e su misura, ma non solo abiti per le occasioni straordinarie, ma anche per i giorni ‘normali’. Abiti adatti alle nuove abitudini che ci vedono uscire la mattina per andare a lavorare e concludere la giornata magari con un aperitivo con gli amici. Se l’abito è speciale, di qualità, basta un accessorio per trasformarlo.”
Questa è l’intuizione da cui parte Giuliana: capi unici e flessibili, adattabili, originali nel taglio, perfetti nelle rifiniture a mano, linee essenziali personalizzabili. Capi con un’anima, destinati a durare nel tempo a corrispondere al gusto e alla personalità di ogni cliente.

Così in un giorno di giugno dell’anno 2010, in un articolo sulla rivista Elle, in cui si parlava di imprese al femminile, Giuliana scopre l’esistenza del Vivaio di Imprese, un trafiletto breve e senza troppe informazioni: cerca, telefona, ottiene subito un appuntamento. “Sembrava una chiamata del destino: era quello di cui in quel preciso momento avevo bisogno.”
Il Vivaio la accompagna nei passi concreti per la realizzazione della sua idea, dalla richiesta dei voucher allora disponibili per una formazione adeguata, alla stesura di un business plan, ai pareri dei consulenti.
” Ho individuato il mio personale ‘stile’, poi mi sono messa per strada e ho incominciato a cercare un luogo fisico dove produrre e vendere i miei abiti: chi cerca questo genere di prodotto ha bisogno di incontrare, guardare negli occhi il produttore), “.

L’atelier de L’abito che vorrei si apre su via Romana, nell’ultimo tratto, verso Piazza Pitti, vicino all’ingresso di Boboli, zona molto frequentata dagli stranieri: “Sono soprattutto americani i clienti abituali, ma vendo abiti a clienti di tutto il mondo, che cercano qualcosa di non omologabile, e così per loro io creo qualcosa che diventa anche immagine dell’Italia.”
È interessante la scelta del luogo: un quartiere fiorentino di antica tradizione artigianale, che qualche anno fa sembrava destinato a perdere il suo carattere, la sua particolarità e che invece ora si anima nuovamente intorno al suo patrimonio artigianale, grazie all’impegno, alla tenacia e all’iniziativa di giovani artigiani e artisti emergenti, che lo hanno scelto deliberatamente.
Qui ha trovato casa la piccola grande impresa di Giuliana, la sua scommessa contro la crisi, la sua vocazione a mantenere in vita il gusto della qualità e il valore dell’oggetto artigianale e unico.

L’impresa L’abito che vorrei è ancora nella sua fase di avvio, “impegno moltissimo, lavoro senza tregua, fatica fisica e psicologica, ma ripagata in pieno dallo sguardo felice di un donna che esce dal mio atelier, appagata perché si piace nell’abito che indossa.”
“La mia impresa ha richiesto coraggio, costanza, determinazione, molta organizzazione e autodisciplina, ma questo lavoro mi appaga, mi calma, mi completa. Io coi miei abiti dialogo”

Testo e foto di Giulia Cerrone – Vivaio per l’Intraprendenza

L’abito che vorrei 

 

 

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Eccole! Le imprese nate con noi. Oggi incontriamo FLO

I sogni, il lavoro, i progetti ed il confronto con la realtà: le storie di alcune delle imprese nate con il Vivaio

Siamo andate ad incontrare le imprenditrici e gli imprenditori che in questi anni, con noi,  hanno dato vita ai loro sogni, alle loro idee, per farne progetti imprenditoriali.
Vogliamo sapere di loro, raccontare la loro storia, perché è anche la nostra storia e la storia di tante persone che,  come loro, hanno provato a trasformare un sogno in un progetto.

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FLO Concept Store –  “Un mondo oltre lo specchio”

FLO Concept Store si affaccia su uno dei lungarni più eleganti di Firenze, il Lungarno Corsini, nel cuore del centro storico: si entra e colpisce subito la cura dedicata all’arredo, l’eleganza originale e riconoscibile. Il negozio accoglie come un piccolo salotto dove, mentre ci si guarda intorno per cercare qualcosa di speciale, è possibile incontrare persone interessanti, scambiare due chiacchiere e, perché no, fare network.

Oggi incontro Elisabetta e Serena due imprenditrici, che insieme a Guia hanno scommesso sul connubio di impresa, moda e impegno sociale.
Spazi chiari, curatissimi dove il colore fa da scenografia discreta agli abiti, agli accessori in mostra. Mi cattura subito l’eleganza dell’insieme: in un ambiente curato nei dettagli senza essere sfacciatamente lussuoso, mi accolgono il sorriso dolcissimo di Serena e lo sguardo intenso e deciso di Elisabetta.

FLO Concept Store nasce dall’iniziativa di tre donne che vengono da esperienze di lavoro diverse e prestigiose: Elisabetta dal mondo della moda, 13 anni in Gucci e l’esperienza di direzione dei negozi Pollini, Serena da una società assicurativa americana, Guia dal sociale, da Mani Tese.
Dopo la nascita dei figli si impone la decisione impegnativa e coraggiosa  di dedicarsi alla loro crescita, proteggere il tempo per accompagnare la loro infanzia, abbandonare professioni remunerative e di prestigio, ma troppo impegnative per essere compatibili con la responsabilità di essere genitori. Occorre reinventarsi il lavoro, lasciare incarichi prestigiosi per costruire nuovo lavoro per sè e per altri
Queste tre donne uniscono le loro differenti competenze per creare FLO, una cooperativa sociale di tipo B, che fa lavorare persone in difficoltà, persone che difficilmente potrebbero inserirsi nel normale mercato del lavoro. Serena, Elisabetta e Guia si conoscono per caso, organizzando i mercatini dell’usato per la raccolta di fondi per il restauro della parrocchia: dal conoscersi allo scegliersi per questa straordinaria avventura il passo è breve.

Decidono di mettere insieme spirito di impresa e vocazione sociale, di aprire un’ attività che abbia come mission la creazione e la  commercializzazione di abbigliamento ed accessori, particolarmente caratterizzati da eleganza e unicità e che nello stesso tempo permetta a persone in situazione di disagio di trovare uno spazio cuscinetto tra le proprie difficoltà e la vita reale.
È possibile tenere insieme un’idea solidale con una vocazione imprenditoriale? Questa la scommessa fortemente voluta, costruita passo dopo passo, con coraggio e tenacia da queste tre donne. L’idea iniziale è di Elisabetta che già ha una lunga esperienza di lavoro nel settore della moda, Serena e Guia aderiscono con entusiasmo portando tutta la loro attenzione al sociale e le proprie competenze e capacità di scommettere in senso imprenditoriale.

“L’impresa sociale ha una potenzialità pazzesca, a patto che sappia reggersi sulle sue gambe, che sappia non contare sugli aiuti pubblici e produca valore. Guadagnare ci permette di perseguire la nostra missione che è quella di far lavorare persone che da sole non potrebbero trovare spazio nel mercato del lavoro” sostiene con forza Elisabetta.

Partono forse con un po’ di incoscienza ma decise e l’incontro con il Vivaio intraprendenza, con i suoi servizi e le sue consulenze, ha permesso di mettere a fuoco in modo preciso e concreto un vero e proprio progetto imprenditoriale, di materializzare l’idea e darle gambe per camminare. Il proposito di essere speciali richiede lavoro e costanza, obiettivi chiari e condivisi, valori scelti con forza, per attraversare le difficoltà burocratiche, le asprezze del mercato e le insidie di una crisi che certo non fa sconti a nessuno.
Puntano molto sulla ricerca del prodotto: nel loro concept store capi ed accessori, oggetti, tutto è selezionato per la qualità della materia prima, l’unicità del taglio l’importanza del dettaglio, tutto è speciale. Ma la cura nella ricerca dei fornitori è anche attentissima alle situazioni emergenti o alle produzioni etiche.

FLO si rivolge a piccoli produttori e produttrici agli inizi che dimostrino di avere qualcosa di speciale: altre Cooperative, persone che stanno iniziando a produrre, storie di impresa non ancora collaudate a cui offre opportunità di commercializzazione, diffusione e visibilità nella logica di un lavoro in rete e in questo modo confermano la loro attenzione al fattore umano del lavoro, al suo valore insostituibile.

FLO Concept Store è oggi una realtà capace di stare sul mercato senza dipendere da aiuti pubblici, che ha conquistato una buona visibilità nel mondo della moda (ne parlano riviste come Vogue, Flying Dutchman Magazine o Myself ),  con l’ambizione di divenire un brand.

Mentre parlano con me, Serena ed Elisabetta seguono con discreta attenzione le due collaboratrici che svolgono le loro mansioni: le sento inserite, accolte, integrate, grazie all’attenzione che le circonda.
Esco dal negozio con gli occhi pieni di cose belle e con la sensazione di avere ricevuto un po’ della loro energia, del loro generoso entusiasmo.

Testo e foto di Giulia Cerrone – Vivaio per l’Intraprendenza

FLO Concept Store

 

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Eccole! Le imprese nate con noi. Oggi incontriamo qèc

I sogni, il lavoro, i progetti ed il confronto con la realtà: le storie di alcune delle imprese nate con il Vivaio

Siamo andate ad incontrare le imprenditrici e gli imprenditori che in questi anni, con noi,  hanno dato vita ai loro sogni, alle loro idee, per farne progetti imprenditoriali.
Vogliamo sapere di loro, raccontare la loro storia, perché è anche la nostra storia e la storia di tante persone che,  come loro, hanno provato a trasformare un sogno in un progetto.

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  qualcosa è cambiato  

Dall’architettura degli edifici all’architettura di abiti e accessori

Incontro Marenna nel suo atelier, in una strada non di grande traffico, senza insegne, una vetrina discreta appena visibile tra edifici residenziali a pochi passi dal Mugnone in zona Cure.
Si entra ed è come varcare la soglia di uno spazio che si moltiplica, di stanza in stanza, tra oggetti, abiti, fili nastri, macchine da cucire, forbici e manichini … fino ad un piccolo giardino segreto, oasi verde nascosta.

Ogni oggetto qui racconta una storia perché la materia prima del lavoro di  Marenna viene da tagli di stoffe e fili che altri hanno accantonato, giudicandoli inservibili ed inutili. Lei raccoglie tutto, attratta dalla qualità sempre esclusiva dei filati e dei tessuti, delle stampe, dalla particolarità di toni e colori e inventa una storia nuova per ogni taglio di stoffa, per ogni filato. Nata architetto, oggi “costruisce” con la stoffa, con attenzione al materiale, sempre riciclato, al disegno, alla struttura, alla precisione della confezione, filo per filo, punto per punto: nelle sue creazioni nulla è casuale, tutto è stato pensato e scelto.

Dalla lontana Sardegna Marenna arriva a Firenze per ragioni di studio, come tanti. Si laurea in architettura professione che per qualche anno esercita senza problemi: non bisogna cercarlo il lavoro, si passa da un incarico all’altro, senza soste e senza ansia.
Poi come per tante donne, la scelta di avere un figlio e la pausa forzata: Marenna, che ha lavorato fino alle soglie del parto, sceglie di occuparsi del bimbo in prima persona. Sono tre anni felici a prendersi cura della cosa più preziosa, ma improvvisamente si riaffaccia il bisogno di fare anche altro, essere solo madre non basta più. Nel frattempo il contesto è cambiato: il lavoro facile non c’è più e per Marenna si apre un periodo difficile, di grande crisi.
A questo punto da un fatto del tutto casuale nasce l’idea della la sua impresa. Bisognava creare per il piccolo un costume da spiderman e quelli normalmente in vendita non andavano bene, troppo grandi, troppo sciatti. Marenna, grande talento con le mani, si mette all’opera e crea il costume per suo figlio. Lei che non ha mai cucito, scopre che le piace moltissimo: apre il suo armadio e… “ho incominciato a trasformare tutto quello che trovavo e che non usavo più, all’inizio copiando modelli visti in giro, poi creandone di originali. Mi sentivo bene, nessun pensiero nero, la passione per questo lavoro manuale, mi aveva guarita. Pensare che non avevo mai comprato una rivista di moda!”

“Qui inizia il mio lungo cammino verso l’impresa “qèc. Ho cercato su internet senza sapere come fare ed ho incrociato il Vivaio per l’intraprendenza:  Viola Tesi a cui ho telefonato e che ha risposto subito e mi ha invitata ad un colloquio nientemeno che per il giorno seguente. Una graditissima sorpresa, non solo il servizio c’era e rispondeva al telefono, ma poi era possibile entrare in azione nel giro di poche ore!”

Marenna viene selezionata per un corso breve sulla creazione di impresa e in poco tempo è pronta a partire: “ Ho conosciuto altre persone che come me, in settori diversissimi, erano lì per creare la propria attività: un crogiuolo di idee, energie, entusiasmo contagiosi. Io sono timida nell’azione, mi scoraggio facilmente, devo molto ai docenti del Vivaio, ma anche all’energia che l’interazione tra di noi generava. Mentre eravamo seduti a imparare come si fa un prezzo, quali adempimenti di legge, circolavano idee, eravamo nello spazio della possibilità.”

Siamo nel 2007, Marenna ora è sicura e decisa: vuole provarci e il Comune, tramite il Vivaio, mette a disposizione, uno spazio alla Mostra dell’Artigianato che ogni anno si tiene alla Fortezza da Basso. Occasione raccolta al volo: prepara lavorando letteralmente giorno e notte 40 modelli da mettere in esposizione e vendere. Un grande successo reso possibile anche dal fatto che Marenna allora aveva due socie che collaboravano con lei. Esperienza esaltante: creare, generare idee dalle idee, trasformarle in oggetti, abiti, accessori, vendere.
Nel 2009, apre l’Atelier qèc di Marenna, e il cammino non è semplice. Ma Marenna, che nel frattempo è rimasta sola, ha una passione sempre fresca e quando parla delle sue idee del suo lavoro di trasformazione, di come studia i tessuti, i materiali per capirne le caratteristiche, di come si lascia catturare d una trama, da una consistenza, da un colore e immagina la struttura dell’abito o dell’accessorio, Marenna si illumina e gli occhi ridono vivacissimi dietro le lenti.

L’esperienza di  qèc è un percorso di apprendimento, rapido e intenso. Marenna ha imparato a dare forma, a cucire a trasformare le sue idee in abiti/oggetto, ma come imprenditrice ha imparato anche a intercettare i suoi limiti. È lucida, consapevole e severa con se stessa, sa che se vuole continuare ad esistere deve combattere la sua natura introversa e cercare collaborazioni esterne, professionalità specifiche che la affianchino, una modellista per un salto di qualità nella costruzione degli abiti, qualcuno che si occupi della vendita. Deve riuscire a rendere più rapida la realizzazione degli abiti o degli accessori e per questo le servono collaborazioni, forse affidare ad altri la produzione e tenere per sé il compito di creare i prototipi. Ora Marenna è in una fase di maturazione di questo processo di crescita e per poter elaborare questa trasformazione si è data una pausa nell’attività di creazione degli abiti.
Si è inventata un mondo di “galline”: borse, borsone, pochette, cuscini, grembiuli, ciondoli di stoffa … in forma di deliziose galline e non ce n’è una che sia come le altre, sono allegre, spiritose, tenere. Tutte di tessuti raccolti da vari ricicli, dal tessuto prezioso dipinto a mano a quello più povero e logorato dal tempo, dalla tinta unita alle fantasie più originali, tutte con soluzioni differenti nei particolari. Le sue galline in piccolo riassumono la sua filosofia artigianale: partire dalla struttura del materiale, dalle sue caratteristiche intrinseche e visibili, lasciarsi suggestionare da un colore, da una forma, da una sensazione tattile e agire, creare alla maniera degli architetti del rinascimento, che in cantiere costruivano con le proprie mani.
“ Il mondo ai miei occhi è uno spazio ricchissimo di ogni genere di piccoli, grandi materiali, oggetti che magari ora non so come, ma che userò: li porto nel mio atelier e so che prima o poi loro parleranno alla mia immaginazione e faranno scaturire idee, diventeranno oggetti. L’ispirazione è ovunque, la creatività abita in ciascuno di noi, il lavoro manuale la fa fiorire”

Con il suo piccolo universo di galline Marenna sarà presente dal  24 aprile al 1 maggio alla mostra dell’artigianato alla Fortezza da Basso a Firenze: Stand c23 Padiglione Spadolini 

Testo e foto di Giulia Cerrone – Vivaio per l’Intraprendenza

qualcosa è cambiato

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Eccole! Le imprese nate con noi. Oggi incontriamo Green Bike Mania

I sogni, il lavoro, i progetti ed il confronto con la realtà: le storie di alcune delle imprese nate con il Vivaio

Siamo andate ad incontrare le imprenditrici e gli imprenditori che in questi anni, con noi,  hanno dato vita ai loro sogni, alle loro idee, per farne progetti imprenditoriali.
Vogliamo sapere di loro, raccontare la loro storia, perché è anche la nostra storia e la storia di tante persone che,  come loro, hanno provato a trasformare un sogno in un progetto.

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La bicicletta, una passione che diventa impresa: Green Bike Mania

 La storia di Giacomo Guernieri: una storia come tante, un’esistenza che scorre tranquilla, un lavoro che sembra sicuro. Giacomo lavora in una tipografia industriale: competenze acquisite anno dopo anno, come grafico, stampatore o anche come legatore e, se occorre, meccanico.
Amore per il lavoro, dedizione che lo portano a “fare tutto quello che c’è da fare”.
Poi d’un tratto il lavoro non c’è più, mangiato, portato via dalla crisi: la tipografia chiusa e nessuna prospettiva. Qualche lavoro in altre tipografie, ma sempre per poco, sempre precario: un anno, tre mesi. Così non è vita, non per Giacomo, che ha bisogno di stabilità, di terra sotto i piedi.

Ma Giacomo non si arrende e comincia a dare corpo ad un suo antico desiderio: lavorare per conto proprio. Si guarda intorno, cerca di vedere cosa si può fare e affiora l’idea di trasformare in impresa una antica passione: la bicicletta e la mountain bike.
Passione di famiglia la sua: il nonno che correva con Bartali, il padre che fa parte dell’Associazione Città Ciclabile. Cresciuto insomma a pane e biciclette, Giacomo con naturalezza sceglie di aprire un’officina- negozio per ciclisti, un settore che sicuramente ha buone prospettive nel tempo.

Si rivolge prima alla Camera di Commercio, che lo indirizza a CreaImprese, ed è qui che incontra i servizi del Vivaio di Imprese che lo seguono nei passi necessari per trasformare in realtà un progetto dai contorni ancora incerti.
L’idea gli era venuta in mente in occasione di una fiera a Padova ed è proprio grazie al corso organizzato tramite il Vivaio di Imprese che incomincia ad assumere contorni concreti a divenire reale: “Finito il corso, dopo una piccola pausa di riflessione, è come scattata una molla e mi sono messo subito alla ricerca del locale, che ho trovato senza troppe difficoltà. Fondamentale l’aiuto che mi è arrivato tramite il Vivaio: ho potuto mettere a fuoco l’idea, verificare che fosse davvero fattibile come impresa e organizzare la realizzazione.”

Le difficoltà? Perché chiaramente non tutto è stato facile, né poco impegnativo: “Ricordo come faticosa la ricerca e la scelta dei fornitori; anche ora spesso i clienti chiedono proprio i prodotti che non ho in negozio: qualche volta è difficile accontentarli e la crisi, che riduce la loro disponibilità economica, non aiuta perché li orienta verso prodotti meno cari ma anche più scadenti.”
Di fatto Giacomo ha incrociato in pieno questa crisi economica ed ha un solo rimpianto, di aver perso tempo prezioso prima di decidersi: “Sono consapevole che se avessi aperto anche solo qualche anno prima avrei incrociato le difficoltà della crisi con qualche risorsa in più. Ora è difficile far capire alle persone il valore reale di quello che stanno acquistando: si vende bene quello che costa poco e che quindi vale poco e permette margini di guadagno più ridotti. Un altro problema è costituito dal mercato dell’usato, che con la frequenza dei furti di biciclette diventa di fatto impraticabile, mentre potrebbe essere un prodotto per me significativo.”

Giacomo comunque è soddisfatto: lavora in modo autonomo, si occupa di qualcosa che per lui è anche una grande passione, qualcosa in cui crede, come mezzo di trasporto “green”, compartibile con il rispetto per l’ambiente e la salute dell’uomo.
Il suo negozio, in via Baccio da Montelupo, è un piccolo porto di mare, c’è sempre un viavai di persone che non solo cercano biciclette, mountain bike, accessori per il ciclismo o chiedono qualche riparazione, ma si fermano a discutere di biciclette e di città vivibili. La bicicletta non è solo un mezzo di trasporto, è anche uno stile di vita.

Testo e foto di Giulia Cerrone – Vivaio per l’Intraprendenza

 

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Eccole! Le imprese nate con noi. Oggi incontriamo Nel meriggio d’oro

I sogni, il lavoro, i progetti ed il confronto con la realtà: le storie di alcune delle imprese nate con il Vivaio

Siamo andate ad incontrare le imprenditrici e gli imprenditori che in questi anni, con noi,  hanno dato vita ai loro sogni, alle loro idee, per farne progetti imprenditoriali.
Vogliamo sapere di loro, raccontare la loro storia, perché è anche la nostra storia e la storia di tante persone che,  come loro, hanno provato a trasformare un sogno in un progetto.

Simona, regina di picche tra i fiori “Nel meriggio d’oro”

Simona è giovane, sorridente e decisa: ha scelto di vivere e lavorare tra i fiori e la incontro nel suo negozio che sembra una bottega magica. È piccolo, ma quando entri lo spazio si dilata e diventa giardino fiorito. Capisci subito perché lo abbia chiamato con un nome così letterario, Nel meriggio d’oro: “Ho pensato a il giardino di Alice in Wonderworld  di  Lewis Carroll e a  Meriggiare pallido e assorto di Eugenio Montale, volevo che richiamasse l’idea di un mondo incantato come quello di Alice e del calore del sole senza il quale non potrei vivere”

Studi in disegno industriale presso l’ISIA di Firenze, scelti con la testa, pensando al lavoro futuro e con l’intento di coniugare estro artistico e professionalità. Poi qualche anno di lavoro presso uno studio di progettazione, AGDS Alberto Grassi Designer Studio, un training come progettista di interni, fiere, sfilate di moda, hotel, eventi. Grandi soddisfazioni, ma giornate di corsa senza orari e sempre in emergenza, un lavoro che si mangia ogni margine di vita privata.

Così Simona decide di cambiare tutto, di lasciare una professione avviata e riprendersi insieme il suo tempo di vita e la sua mai assopita passione per la natura. Gliel’ha trasmessa il padre biologo e lei, crescendo, non ha mai smesso di disegnare, dipingere fiori, farfalle, piccole creature del mondo naturale, di creare piccoli bellissimi fiori di carta.
La vita poi è fatta di casi, di occasioni qualche volta imprevedibili che occorre essere pronti a cogliere al volo, come quando un’amica le chiede un aiuto ad allestire un suo negozio di fiori. Simona accetta e in questa situazione conosce Ilaria che da 25 anni esercita il mestiere di fioraia in un chiosco in cui vende fiori in Piazza indipendenza: Endemika. E’ la svolta.

Con Ilaria è un incontro felice: “da lei ho imparato a vedere i fiori in modo nuovo, cosa guardare quando si ordinano i fiori, come trattarli nella composizione dei mazzi. I primi necessari passi per poter prendere il volo. Non ci siamo più perse di vista e ancora oggi ci aiutiamo, quando è utile lavoriamo insieme, facciamo squadra in molte occasioni”
A questo punto Simona ha le idee già chiare, sa come si chiamerà il suo negozio, ha già deciso il logo, che ovviamente si è disegnata da sola: un tralcio di foglie-picche.

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Sa anche come organizzarsi, ma le mancano ancora alcune competenze fondamentali per poter davvero avere un negozio tutto suo e l’incontro con il Vivaio le permette di chiudere il cerchio: riflettere sugli aspetti economici e finanziari, sui costi, sui margini di guadagno.

Simona vive tra i fiori ma ha i piedi per terra e sa che per rimanere in piedi occorre prevedere e calcolare, occorrono concretezza precisione e competenze precise: quanti fiori bisogna vendere, quale margine occorre garantire per tenere aperto il negozio. Sa che deve saper valutare dai fornitori, imparare chi le garantisce qualità a costi accettabili, che deve continuare a studiare e cercare nuovi prodotti e nuovi modi di confezionarli, nuove idee.

Il negozio, oggi, a distanza di poco più di un anno, è conosciuto nel quartiere e, forse per il nome, forse per la piacevolissima grazia di Simona che sa interpretare gusti e propensioni dei clienti,  è frequentato da una particolare clientela: artisti, scrittori, professori di storia dell’arte, come attratti da una conversazione significativa, colta e piacevolissima.

“Il lavoro richiede molta cura, velocità, attenzione, mentre inventi il mazzo devi mentalmente tenere conto dei costi complessivi: i clienti ti dicono quanto vogliono spendere e tu devi creare stando dentro quella cifra e devi essere veloce nel mettere insieme qualcosa di speciale, che sia armonioso nei volumi, nei colori, nelle forme. Il cliente deve uscire sorridendo”
Soprattutto quando deve preparare i fiori per qualche evento, per i matrimoni ad esempio, Simona incrocia studi ed esperienze da designer con le nuove competenze acquisite sul campo: i suoi allestimenti sono eleganti e originali.

Nell’ora che ho trascorso con lei l’ho vista confezionare mazzi diversissimi e nessuno era banale: i suoi occhi scelgono tra i fiori quali “cogliere”, le sue mani si muovono veloci nel comporre e confezionare mentre ascolta i clienti per accordare la sua creatività con i loro gusti e la loro sensibilità.
Un piccolo cartello appeso nel negozio, una citazione, riassume la filosofia di Simona e del suo negozio

“Lavorare con i poeti, i maghi, i danzatori e tutti gli altri artigiani dell’invisibile per rimettere al suo posto il mistero del mondo”: Jorn de Precy,  da E il giardino creò l’uomo  Ponte alle grazie Editore

Testo e foto di Giulia Cerrone – Vivaio per l’Intraprendenza

Simona ed il Vivaio

Francesca Camisoli alla Fiera dell'Artigianato - Firenze 2008

Francesca Camisoli: una giovane donna appassionata del suo lavoro e della sua impresa

Il Vivaio di Imprese ha conosciuto Francesca Camisoli nel 2003, quando, dopo un percorso di crescita professionale ed artistica che l’ha portata dal Polimoda alla sezione di Belle Arti del Chelsea College of Art and Design di Londra , voleva realizzare un’impresa in cui progettare e produrre le sue creazioni.
E con noi ha dato vita a Kamal Design, studio di progettazione e produzione artigianale di articoli in feltro fatto a mano.

Da allora ha partecipato alla Community del Vivaio di Imprese in cui ha portato il suo sorriso, la sua passione per il lavoro, il suo grande spirito imprenditoriale e, soprattutto, il desiderio e la consapevolezza dell’importanza di fare rete con le altre imprenditrici per mettere insieme idee, saperi, progetti.

Poi il destino l’ha duramente colpita e l’ha costretta ad abbandonare i suoi sogni.

Ieri ci ha lasciato per sempre ma restano in noi, forti, la sua testimonianza di indomita imprenditrice ed il suo bel sorriso di grande giovane donna.

Ciao Francesca

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Eccole! Le imprese nate con noi. Oggi incontriamo Libreria Puntifermi

I sogni, il lavoro, i progetti ed il confronto con la realtà: le storie di alcune delle imprese nate con il Vivaio

Siamo andate ad incontrare le imprenditrici e gli imprenditori che in questi anni, con noi,  hanno dato vita ai loro sogni, alle loro idee, per farne progetti imprenditoriali.

Vogliamo sapere di loro, raccontare la loro storia, perché è anche la nostra storia e la storia di tante persone che,  come loro, hanno provato a trasformare un sogno in un progetto.

Una ragazza scommette sui libri. Ilaria Guidelli e la sua Libreria Puntifermi

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Una giovane donna scommette sui libri, su qualcosa che l’appassiona, senza dimenticare mai che aprire un negozio vuol dire intraprendere, fare impresa e che alla fine i conti debbono tornare.

Ilaria è architetto, ha studiato per esserlo, ha lavorato in questo settore per sette anni, ma senza sentirsi a posto, senza riuscire a fare del suo lavoro un centro significativo della sua vita. “ Per sette anni ho perso tempo”. Qualche anno fa ha deciso che ci voleva una svolta: ha preso in mano il progetto della sua vita professionale e ha cambiato tutto.

Da sempre nei suoi pensieri l’idea di aprire una libreria, non per venerazione per i libri, per la carta stampata, ma per interesse perché è una persona a cui, senza rinnegare il digitale, i libri fatti di carta piacciono . Era la sua idea rifugio: “tanto prima o poi lo faccio … apro una libreria!”.

Dopo il primo figlio il tempo è diventato prezioso: “non aveva senso sottrarre tempo a mio figlio per un lavoro che non mi interessava più di tanto, inconcludente” .

Ilaria già conosceva le dinamiche, i tempi, i problemi del lavoro autonomo, ma certo non era sufficiente per lanciarsi nella sua nuova impresa. Ilaria è incline a seguire interessi e passioni, ma lo fa con cognizione di causa.

In soccorso della sua idea è arrivato il Vivaio con l’opportunità di essere guidata verso il creare impresa con tutta l’attrezzatura necessaria: messa a fuoco dell’idea, business plan, valutazione della fattibilità. Una volta messo a fuoco il progetto, una volta creato un piano “è stato tutto rapido e fluido: come un flash, come una illuminazione: lo penso, lo vedo … è qui.”

Ha preparato con grande cura la realizzazione del suo sogno imprenditoriale e dopo aver lavorato come tirocinante presso qualche libreria per “annusare” il mestiere, ha rapidamente trovato il fondo in zona Le Cure  a Firenze ed ha aperto Libreria Punti Fermi: una libreria luminosa e coloratissima, con molte vetrine sulla strada, che attira l’attenzione dei passanti e in poco tempo è diventata un punto di riferimento per il quartiere.

Certo lei sa che non si diventa ricchi vendendo libri: poco rischio, poco guadagno, ma il lavoro ora ha un posto importante nella sua vita: è quello che lei cercava.

Ilaria è aiutata da tre collaboratrici, tre donne che si alternano con orari ridotti, in modo che sia possibile per tutte conciliare i tempi di vita con i tempi di lavoro: la perenne quadratura del cerchio che molte inseguono, spesso con fatica.  Il suo rapporto con loro è un rapporto di piena fiducia reciproca e questo permette una grande flessibilità di gestione: un team rodato, in cui le risorse di tutti sono indirizzate al successo della libreria. Si entra qui, ci si immerge nel profumo di carta stampata, tra luce e colori, si gira tra libri e libri in una piacevolissima serena atmosfera.

Non che manchino le difficoltà, quelle della piccola impresa per intenderci: si lavora molto, i margini sono ridotti  e manca il tempo di sviluppare idee, di inventare e organizzare eventi per promuovere i libri e far meglio conoscere la libreria: “Mi piacerebbe certo, ma dovrei fare tutto o quasi tutto da sola e l’amministrazione si mangia la maggior parte del mio tempo lavorativo.”

“Che cosa amo di più di questo lavoro? Incontrare le persone, parlare con i clienti, scambiare con loro opinioni sui libri che leggono, vederli chiacchierare tra loro, condividere la stessa passione per i libri e la lettura. Io metto a disposizione l’ambiente, la possibilità dell’incontro e dello scambio, quello che il commercio on line non può  dare.”

Testo e foto di Giulia Cerrone – Vivaio per l’Intraprendenza

Ilaria ed il Vivaio

 

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Eccole! le imprese nate con noi. Oggi incontriamo NAA Studio

I sogni, il lavoro, i progetti ed il confronto con la realtà: le storie di alcune delle imprese nate con il Vivaio

Siamo andate ad incontrare le imprenditrici e gli imprenditori che in questi anni, con noi,  hanno dato vita ai loro sogni, alle loro idee, per farne progetti imprenditoriali.

Vogliamo sapere di loro, raccontare la loro storia, perché è anche la nostra storia e la storia di tante persone che,  come loro, hanno provato a trasformare un sogno in un progetto.

Piccola storia di una grande passione: NAA Studio

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Nel cuore della Firenze artigiana, in via dei Serragli, Negar Azhar-Azari ha aperto, un anno fa, una bottega elegantissima, dove trasforma i metalli in oggetti raffinati e preziosi.

Negar è nata a Firenze, ma con una radice persiana: i suoi genitori vengono dall’Iran e sono approdati a Firenze inseguendo l’arte. Qui si sono conosciuti e qui è nata Negar che ha respirato da sempre amore per bellezza e cultura. Gli studi tradizionali, il liceo, l’approdo all’università, facoltà di architettura: approdo naturale per chi da sempre è attratto dall’arte, dal fascino delle forme.

Presto si accorge che progettare e costruire sono azioni differenti, sente l’insufficienza del progettare, vorrebbe che le sue mani fossero coinvolte nella generazione di qualcosa di bello. Con questa inquietudine addosso incontra  in modo casuale la bottega artigiana del padre di una sua amica ed è amore a prima vista. Creare gioielli non è in fondo del tutto diverso dal progettare case: anche i gioielli hanno una struttura, una loro architettura.

Lascia tutto e cerca dove studiare oreficeria: a Firenze non è difficile trovare scuole adatte. Ma a questo punto lei deve comunque anche provvedere da sola a se stessa e trova un lavoro in un ristorante: di giorno frequenta la sua prima scuola artigiana, la sera lavora. Impara molto, ma ancora non ci siamo: le scuole costano e non danno tutto quello che promettono. Lei è insoddisfatta, ma è anche testarda e sa cosa vuole.

Arriva finalmente l’occasione giusta: nel ristorante dove lavora, il Sésame, incontra una  sera uno dei suoi miti Giampaolo Babetto, orefice d’arte, e con lui c’è Gio Carbone, il fondatore della Scuola le Arti Orafe di Firenze.

Parlano con lei, parlano di oreficeria, le chiedono di vedere i suoi lavori, di passare alla Scuola. Lei è felice ma è una ragazza coi piedi per terra, perciò si informa e vede subito che la scuola ha costi al di fuori della sua portata, rinuncerebbe … ma a questo punto è la sua sorte che la insegue e in un incontro successivo Giò Carbone la convince a passare, a mostrare di cosa è capace e raccontare il suo sogno. Sono persone capaci di vedere il talento e trovano il modo di farla iscrivere e frequentare.

È brava e un’altra borsa di studio le permette di frequentare il corso di incisione e apprendere l’arte tutta fiorentina dell’incisione al bulino.

Proprio quando ha deciso di lasciare Firenze, Firenze la richiama, non vuole perderla: un bando del comune offre fondi per imprese artigiane che aprano nell’Oltrarno; è un progetto di riqualificazione del quartiere più artigiano di Firenze, san Frediano che ora rischia di perdere le sue caratteristiche. Negar sa che la sua strada è quella di una bottega  tutta sua: questo bando è l’occasione giusta, non può perderla, deve tentare e torna sui suoi passi.

Le pare semplice all’inizio: in fondo è brava, ha gli strumenti, che ci vorrà mai! Ma appena cerca di concretizzare, si accorge di quante cose non sa fare: certo sa creare gioielli, ma aprire una bottega oggi richiede moltissime altre competenze e qui, sulla sua strada sempre in salita, incontra il Vivaio di Imprese. Impara a compilare il suo business plan, a cercare finanziamenti, a combattere con le banche, con una burocrazia che a ogni passo la mette alla prova

La sua famiglia le ha insegnato che se hai un sogno non puoi cedere, se ami proprio qualcosa, se qualcosa ti rende felice è un tuo dovere impegnanti a farla: hai il diritto di inseguire ciò che ti dà gioia, hai il dovere di farlo. Negar ha grazia e un sorriso gentilissimo, ma anche tenacia da vendere. Ha avuto occasioni preziose, ma il talento di vederle e di coglierle è tutto suo.

“Ho trovato sulla mia strada molti ostacoli, alcuni davvero impegnativi, ma anche tante, tante opportunità, persone che hanno creduto nel mio talento, persone che mi hanno sostenuta e accompagnata con la dedizione di chi crede nel suo lavoro: insegnanti, persone che lavorano negli uffici, lo staff del Vivaio”.

Alla fine del suo personale percorso a ostacoli, oggi ha la sua bottega, dove non solo vende i suoi gioielli, ma li crea, personalizzandoli per chi li riceverà. Fa il lavoro che le piace, dialoga tutti i giorni con i suoi metalli, li convince a corrispondere alla sua idea, al suo progetto.

“L’oro, gentile, il più amico della tua mano, docile, stabile sa  corrispondere perfettamente al tuo progetto. L’argento, amico anche lui, carattere un po’ puntuto, ma alla fine amico anch’esso. L’ottone, il bronzo, il rame, bellissimi, affascinanti, mutevoli, si ossidano, cambiano colore, fanno quello che vogliono. Non si concedono alla mano dell’uomo, è l’uomo che deve ascoltarli. Pretendere che ti corrispondano è come pretendere che una persona cambi carattere . Io amo questi metalli, soprattutto quando li scaldo, quando diventano rossi, si muovono, si animano. Ogni volta ne sono affascinata”
È un piacere sentirla parlare dei suoi metalli.

Testo e foto di Giulia Cerrone – Vivaio per l’Intraprendenza

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Fare network: quale modello e quale valore per le imprese

Fare network in un contesto imprenditoriale e professionale è diventato negli ultimi anni una modalità per così dire trendy di collegamento, intercettazione, business fra imprese, organizzazioni, liberi professionisti, in Italia, come a livello europeo. Diversi sono i modelli di networking applicati alle comunità di imprese: network accompagnati, liberi o misti.

La domanda che ci si pone nel confrontare i modelli è naturalmente rivolta all’efficacia dei risultati ed all’efficienza/funzionalità dell’azione, parametro quest’ultimo collegato in particolare al fattore gradimento dell’esperienza vissuta dalle imprese coinvolte nel networking. Tale fattore può apparire più debole e sicuramente il meno scientifico, ma in realtà siamo convinte che sia quello più intrinseco alla filosofia vera del network, che è quella di fertilizzare relazioni, contatti e connessioni, che potranno dare frutti significativi in tempi e modalità non programmabili e perciò non sempre monitorabili nel breve e medio termine.

Il fattore tempo e la fase di vita delle imprese coinvolte nel networking sono senz’altro variabili critiche interessanti, che entrano in gioco nei diversi modelli; un forte accompagnamento iniziale di un’azione di network tende a garantire una tenuta più ampia della rete ed una maggiore disponibilità a sviluppare e coltivare la pratica da parte delle imprese; la presenza di una animazione permanente e brillante, individuata all’esterno o autogestita, costituisce la pompa vitale, insostituibile di un sistema che deve alimentarsi continuamente di nuovi input; infine il libero evolversi del sistema networking, quel grado di libertà assoluta che le imprese devono avere nel decidere di moltiplicare e dirigere o meno le proprie relazioni ed iniziative definisce forse l’essenza del fare rete: la rete ha senso di esistere se esiste ed agisce. Se parliamo di networking per start up crediamo allo stato attuale delle nostre esperienze che la pratica più interessante e strategica per le attività imprenditoriali alle prime armi, ancora di più che per le imprese mature, possa essere quella di un accompagnamento forte iniziale nel fare rete, per aprire poi – in tempi più brevi possibili –  ad un percorso step by step libero. E’ questo il modello che abbiamo applicato in questi anni con le imprese della nostra Community.

La nostra società sta passando dal concetto di catena di valore, vale a dire l’impresa che trasforma le materie prime con il lavoro generando un valore aggiunto, alla rete di valore, dove le imprese, soprattutto se micro e sparpagliate sul territorio, possono costruire consapevolmente una rete di relazioni e contatti, attraverso la quale generano nuovo valore. Le reti di imprese e la Community di imprese costituiscono casi concreti di azioni positive, che consentono alle imprenditrici di allargare il loro patrimonio sociale per trasformarlo in opportunità ed occasioni di impresa. Le reti di imprese hanno dimostrato di poter negoziare meglio con gli stakeholder del territorio vantaggi ed opportunità e costituiscono un supporto imprescindibile per le eventuali azioni di sviluppo locale che le amministrazioni pubbliche pongono in essere. Ed infine rappresentano una grande occasione di crescita personale, professionale, declinabile anche in un’ottica di genere.

All’ultimo evento di networkig organizzato dal Vivaio – La borsa delle opportunità: networkig per il successo – 25 ottobre 2013 hanno partecipato 99 tra imprese costituite ed in fase di start up, di cui 58 femminili.